La New York Fashion Week eccitante e poetica
La New York fashion week è finita da poche ore lasciandoci un sapore particolarmente dolce e etereo, insolito per una città cosi eccitante e elettrizzante. Ci ha regalato emozioni e sogni; sogni di avanguardia, colore, poesia, arte.
L’amore per la grande mela è indiscutibile per chiunque cammini in questi marciapiedi e l’amore per l’arte e la tendenza che essa emana è unico; e durante la fashion week lo si respira più che mai!
Abbiamo incontrato nomi nuovi e meno nuovi, noti e meno noti, ma tutti uniti sotto un unico comune denominatore ovvero quello di stupire! Quest’anno ciò che ci ha stupito (scusate il gioco di parole) sono state la classe e lo stile delle scelte stilistiche portate in passerella dai designers, dove è palpabile un notevole ridimensionamento di alcune “follie” propriamente Newyorkesi.
Dall’immancabile Kate Spade, che abbiamo amato con i suoi fiori ciclamino e le righe su shorts, gonne e giacchini, a Tadashi Shoji che ha portato nella City un po’ di oriente colorato di indaco, blu e viola, inondando la sfilata di un arcobaleno di romanticismo.
Eccoci ad un’altro mostro sacro dagli occhi a mandorla di nome Jason Wu, che ci ha presentato una collezione leggermente sotto tono, dai colori scuri di un tramonto di fine estate o di un bosco autunnale, ma che ha comunque dimostrato carattere e forza imponendosi e salendo ancora un gradino dell’olimpo fashion.
Una fashion week costellata d’oro, panna e borchie per Hervé Legér by Max Azria che crea una sinuosa icona femminile somigliante ad una grintosa sirena, scegliendo applicazioni hard e reintroducendo il mono-spalla in molte sue creazioni: dalle camicie agli abiti fascianti, dai top con baschina ai pantaloni a palazzo.
Mentre Monique Luhllier si riconferma la regina del phatos e della leggerezza, con i suoi modelli romantici ma sanguigni, Givenchy by Riccardo Tisci ci regala una sfilata all’ombra della Torre Uno di Ground Zero, tanto bella quanto imponente, scegliendo come data l’11 settembre, proprio per rendere omaggio alla sua meravigliosa New York. Il direttore creativo della maison, ha voluto fortemente questa location ed ha voluto con se anche un pubblico di gente “normale”, aprendo la sfilata ai “comuni mortali” e non scegliendo i suoi spettatori esclusivamente nel mondo della moda, ma volendo a suo cospetto il “mondo intero”.
Un grande atto di umiltà premiato dal mix di emozioni e contrasti che questa passerella ha saputo regalare non solo per la location, ma anche per le scelte di stile.
Diametralmente opposte le collezioni di Alexander Wang e Diane Von Furstemberg: se il primo ha voluto fortemente e nuovamente lo street style scegliendo la pelle il jeans e il vinile, il secondo ha portato una donna burrosa, bella e accattivante inguainata in sete, fantasie anni 50 e abbinando acconciature e make-up con gran classe.
Stesso discorso per la New York fashion week di Vera Wang e Reem Acra. Se da un lato viene proposto il netto contrasto black & white e uno stile urbano, dall’altro non si smentisce il sentimento e la poesia di un’azienda che ha fatto di tutto questo un mondo e un mood.
Si spengono le luci, il brusio termina, cala il sipario e va via velocemente (come al suo solito ndr) Anna Wintour.. i riflettori puntano verso la fashion week direzione Londra; presto su MeA!
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